Perché il dottorato e come è stato?
La laurea in Chimica è servita a confermare la mia curiosità e il mio interesse per la fenomenologia nascosta dietro a ciò che vediamo quotidianamente intorno a noi. Di fatto, dopo aver concluso il primo ciclo universitario avevo la sensazione di essere ancora molto lontano dal comprendere la chimica, era necessario dello studio aggiuntivo e diverso, realizzabile solamente attraverso un dottorato di ricerca.
I cinque anni dedicati al dottorato di ricerca sono stati gli anni più importanti della mia vita. Avendo svolto un dottorato all’estero ma in un Paese per certi versi simile all’Italia (la Spagna), ho potuto arricchirmi non solo di esperienze accademiche ma anche di vita. L’apertura mentale derivante dallo studio all’estero non si può ottenere in altro modo.
Perché hai lasciato l'accademia?
Ho lasciato l’accademia ma non il lavoro dell’accademico. Non essendo stato assorbito dal sistema universitario durante i 3-4 anni successivi al dottorato ho passato un percorso di transizione, durante il quale ho sentito il forte desiderio di continuare a sperimentare e apprendere, ma con la consapevolezza che non avrei trovato il giusto spazio all’interno dell’accademia. Questo mi ha portato a proseguire il mio percorso di studioso della materia (chimica) all’interno della libera professione.
Attualmente non svolgo un lavoro concettualmente così lontano da quello di un dipendente universitario, scrivo i lavori scientifici, collaboro a delle tesi di laurea, seguo le attività di un progetto europeo basato sulla chimica e l’economia circolare.
Com'è andata la fase di transizione?
Difficile e piena di ripensamenti (vedi i quasi due anni in Germania). In generale, anche fuori dall’Italia, si tende a separare completamente il lavoro di scienziato, che si fa in accademia o nelle grandi aziende, dal lavoro di consulente, che normalmente viene svolto da persone che dopo la laurea non sono interessate alla ricerca.
Nel mio caso cercare di svolgere la libera professione con i metodi e gli obiettivi di uno scienziato/ricercatore è stato molto difficile, principalmente perché non vieni preso seriamente dai potenziali clienti. È un fenomeno legato a una abitudine mentale diffusa e come tutte le convenzioni sociali, per poterle cambiare, ci vuole molto tempo e fatica. Ancora oggi ritengo di essere in una fase di transizione, anche se con il tempo ho iniziato a trovare le giuste dinamiche per raggiungere alcuni dei miei obiettivi.
Com'è la giornata tipo nel tuo lavoro di oggi e a chi lo consiglieresti?
Mi occupo di tematiche molto diverse fra di loro, anche se le approccio sempre con lo stesso metodo (quello scientifico). Di fatto il mio lavoro consiste nel trovare soluzioni di qualità nel minor tempo possibile a temi molto diversi fra di loro, per i quali mi devo interfacciare con persone altrettanto diverse.
Lo consiglierei a chi, dopo diversi anni di esperienze ad alti livelli in qualsiasi campo della conoscenza, si sentisse ancora stretto nel proprio lavoro, mentalmente chiuso da dei paletti a volte inutili.
Che cosa hai imparato durante il dottorato che ti è utile oggi?
Ad affrontare problemi di qualsiasi complessità con un metodo efficiente, trovando soluzioni utili con i mezzi a disposizione. La comprensione di problematiche complesse e lo sviluppo di nuova conoscenza dopo un po’ di anni danno la consapevolezza che qualsiasi obiettivo è raggiungibile con il lavoro e l’applicazione.
Ti penti di qualcosa in relazione al dottorato e alle scelte successive?
Il percorso che ho intrapreso è stato determinato da molte scelte, la maggior parte difficili. Potevo prendere delle decisioni diverse, ma probabilmente l’esito sarebbe stato molto simile. Quindi no, non provo pentimento per le scelte fatte.
Quali consigli vorresti dare a chi sta affrontando il momento della transizione?
L’aspetto più importante è avere una visione a lungo termine, è una cosa personale e non può essere soggetta a consigli, critiche o commenti di altre persone. Se si ha un obiettivo chiaro di questo tipo, gli studi svolti (dottorato compreso) forniranno gli strumenti mentali per risolvere i diversi problemi che si incontreranno durante il cammino.
Nel raggiungere l’obiettivo finale è essenziale chiedere consigli, ascoltare pareri, tenere in considerazione qualsiasi commento. Quindi i miei consigli sono: avere una vision, perseguirla ascoltando qualsiasi consiglio, avere però allo stesso momento fiducia nel fatto che alla fine siamo noi ad avere gli strumenti necessari per superare gli ostacoli e solo noi sappiano come e quando usarli.