Perché il dottorato e come è stato?
Il percorso della tesi di laurea ha rivelato la mia predisposizione per la ricerca, che è un mondo super entusiasmante che apre la mente oltre i 360 gradi fornendoti, non senza traumi e stress, gli strumenti per inventarsi e reinventarsi nel mondo reale.
Le difficoltà sono state molteplici, derivanti dal fatto che essendo architettura una disciplina non prettamente scientifica, affronta il mondo della ricerca con modalità molto diverse tra di loro, dipendenti a volte dal settore scientifico-disciplinare cui è più affine il tema, altre dalle esigenze mutevoli del progetto. Inoltre è un tipo di esperienza che ti assorbe totalmente, non riesci a "non portare a casa il lavoro" perché la tua mente continua a produrre costantemente. H24, 7 giorni su 7. Bellissimo ed estenuante al tempo stesso.
Perché hai lasciato l'accademia?
Il mondo accademico che frequentavo non era pronto a supportare le tematiche che avevo deciso di affrontare, essendo un tema nascente quello dello space design. Così ho optato per un percorso individuale alla ricerca di interlocutori fuori dagli schemi.
Non ho smesso di crederci, andando controvento, e questo mi ha portato oggi a immergermi in un’esperienza che mi sta facendo capire che l’interdisciplinarietà tra il mondo progettuale e quello veterinario è percorribile anche nell’accademia.
Com'è andata la fase di transizione?
Non è tuttora facile, nessuno ti spiega cosa puoi farci con le skills che il dottorato ti insegna. Bisogna allo stesso tempo: guardarsi attorno, individuare i settori che ci entusiasmano di più, investire, sapersi vendere.
Certamente il mondo accademico ti allarga le spalle parecchio, quindi sei ben allenat* allo stress del mondo lavorativo. Un altro elemento che ho notato è il capire quando e dove fermarmi e chiedere "aiuto": sia da un punto disciplinare che formativo che personale. Efficacia ed efficienza sono favoriti da un buon lavoro di squadra.
Com'è la giornata tipo nel tuo lavoro di oggi e a chi lo consiglieresti?
Lavoro per lo più da remoto e da libera professionista, questa è una scelta che ho preso progressivamente e sono felice di poterlo fare perché mi da la possibilità di viaggiare e di gestirmi il lavoro. Non ho orari prestabiliti. Questo porta i suoi vantaggi in termini di flessibilità, svantaggi in termini di "sicurezza" perché il flusso di lavoro non è costante. Tuttavia anche questo è uno stimolo: inventare cose nuove e rimettersi costantemente in gioco.
Che cosa hai imparato durante il dottorato che ti è utile oggi?
Problem solving, multidisciplinarietà, flessibilità, resistenza a carichi di lavoro impegnativi e duraturi. Credo che siano questi, insieme all’ascolto e al team working. Inoltre un PhD è una specie di "cane da tartufo": con un pizzico di perseveranza riesce a scovare non solo dati, ma anche persone e situazioni in relazione al progetto in corso!
Ti penti di qualcosa in relazione al dottorato e alle scelte successive?
In realtà l’unica remora che ho è quella di non aver saputo prima alcune cose. Sai, quando si dice "col senno di poi…"? Ecco, avrei fatto molta più programmazione, ripartito meglio le energie e lavorato per step con maggiore focus sugli obiettivi.
Le scelte successive sono ancora in itinere…
Quali consigli vorresti dare a chi sta affrontando il momento della transizione?
Concentratevi sulle vostre skills, su quello che vi entusiasma fare e cercate le strade che stanno nascendo: probabilmente per noi non c’è molto posto nei percorsi già tracciati, ma c’è tanto bisogno nel mondo delle innovazioni!