STORIE ANFIBIE

 

Una rubrica di racconti personali sulla transizione dall'accademia all'impresa, per sfatare il mito che il PhD sia un pesce buono solo per nuotare nell'habitat universitario: i dottori di ricerca sono anfibi e possono respirare fuori, sulla terraferma del mondo aziendale, proprio come respiravano dentro le acque della ricerca.

 

 

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17
Marzo

Storie Anfibie

CHIARA GROTTA | Scienza dei Materiali

17 Marzo 2022

Consulente

Laureata in Ingegneria dei Materiali presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, ha conseguito il dottorato a Londra nel 2018 all'Imperial College of London.
Attualmente è impiegata come consulente presso Capgemini Engineering in ambito automotive, lavorando operativamente a Modena per Stellantis nel ruolo di Design Integrity Engineer.

 

Perché il dottorato e come è stato?

Ho scelto il dottorato perché incuriosita dalle materie che ho studiato durante l’università, in particolare le nanotecnologie; avevo voglia di approfondirle nel dettaglio e toccare con mano cosa fosse la scienza dei materiali. Quello che hai l’opportunità di creare e studiare durante il dottorato è difficilmente ritrovabile altrove, a meno di non capitare in un settore R&D ad alto livello di innovazione o di rimanere in accademia.
Ero rimasta molto colpita dalla scoperta del grafene - il materiale del futuro - valso il Nobel per la Fisica nel 2010 a Konstantin Novosëlov. Volevo provare la scienza dei materiali, fresca di studi, e vederla con i miei occhi. Ero curiosa di utilizzare un SEM, un TEM, la stampante 3D e molte altre tecniche studiate sui libri. Ho scelto un PhD su una classe di materiali affini al grafene e della stessa famiglia.
Così è stato, mi sono trovata immersa nelle ore di laboratorio. L’Imperial College detiene primati di eccellenza da diversi anni, le strutture che ti offre sono all’avanguardia e nonostante le difficoltà e il livello di approfondimento richiesto anno dopo anno, era per me come essere al parco giochi. Mi sono divertita.
Non sono mancati i momenti di sconforto, gli esperimenti che non riuscivano, qualche andata a fuoco del setup sperimentale e rimproveri. Ma mi ha consentito di crescere e di maturare come una vera e propria palestra di vita. Mi ha insegnato l’autonomia decisionale e organizzativa. Ho partecipato a conferenze internazionali, ho insegnato didattica nei laboratori sperimentali, ho lavorato in una residenza universitaria come supervisor. L’ambiente era continuamente stimolante, circondata da persone con cui mi trovavo e che mi arricchivano con il loro background diverso dal mio.


Perché hai lasciato l'accademia?

Come tutte le cose belle, sai già in partenza che deve terminare; forse la bellezza stava nel fatto che sapevo che sarebbe finita.
Nonostante l’entusiasmo e l’impegno, ho capito che fare ricerca non era la mia strada. Maturando ho capito che avrei preferito un percorso diverso, meno sperimentale e più concreto. Restare in accademia comportava, indipendentemente dall’università scelta, sfide in termini di contratto lavorativo e di prospettive di crescita. Cambiare significava darsi la possibilità di percorsi con più stabilità e con più certezze nell’immediato.

Com'è andata la fase di transizione?

È stata dura come tutte le fasi di transizione; la ricerca del lavoro si dice sia un lavoro stesso, in cui speranze e delusioni si danno il cambio regolarmente. Non avevo le idee chiarissime su cosa intraprendere, stordita anche dalle infinite possibilità che in realtà una laurea in ingegneria dei materiali ti può offrire. Dopo sei mesi di diversi colloqui, ho alla fine scelto di accettare un lavoro di consulenza nel mondo automotive, settore lusso, in area di qualità percepita.


Com'è la giornata tipo nel tuo lavoro di oggi e a chi lo consiglieresti?

Ho la giornata scandita da meeting e mi interfaccio con diverse divisioni interne, fornitori e consulenti. Seguo il prodotto dalla fase di concept fino allo sviluppo ultimo e lavoro su più progetti in parallelo.
Consiglio questo lavoro sicuramente agli appassionati di auto sportive e non, perché è un’immersione totale nel mondo motori, che ti dà la possibilità di imparare molto. Ma anche a chi vuole affacciarsi al mondo industriale, conoscere il processo di sviluppo prodotto nelle auto è utile a sapersi muovere in diversi altri contesti dalle simili caratteristiche. Nelle grandi aziende si seguono in linea di massima le stesse fasi di produzione.


Che cosa hai imparato durante il dottorato che ti è utile oggi?

L’autonomia. Nel dottorato sei seguito, ma mai passo per passo, devi comunicare i tuoi risultati con una certa cadenza, ma sei tu a pilotare il progetto, risollevarlo quando sta andando a rotoli e riportarlo in superficie. Sei tu che ti programmi gli esperimenti, che prenoti gli strumenti e organizzi i risultati. Un buon supervisor appunto ti lascia libero ma ti guida verso una concretezza. L’autonomia e l’intraprendenza sono la base della proattività molto richiesta oggi in azienda.
Inoltre il dottorato ti tempra dal punto di vista psicologico a non arrenderti e a cercare sempre una soluzione, questo in azienda è molto apprezzato.
Nel pratico ho imparato come presentare dei dati in maniera chiara ed efficace; anche questo conta nel lavoro di adesso.


Ti penti di qualcosa in relazione al dottorato e alle scelte successive?

Col senno di poi avrei cercato una certa continuità tra la tematica del dottorato e il lavoro successivo, ma più che un rimorso è un'opzione che avrei potuto scegliere.
Se cambi completamente argomento, stai facendo tesoro delle skills più che delle conoscenze. Ma trovo che sarebbe stato interessante perseguire una strada, anche se per contro hai lo svantaggio di specializzarti troppo con poche possibilità di spaziare in altri settori.
Avrei voluto un riconoscimento maggiore per il titolo, che porta con sé skills e vantaggi, ma è stata un’esperienza che rifarei assolutamente.


Quali consigli vorresti dare a chi sta affrontando il momento della transizione?

Se si sceglie di non rimanere in accademia punterei a far valere il dottorato come esperienza lavorativa, più che come un’esperienza di mero studio, come purtroppo in alcuni settori è ancora visto.
Consiglierei di cercare lavori affini all’aerea di studio per partire con più crediti, ma se non è possibile di non sminuire in alcun modo il percorso fatto.