STORIE ANFIBIE

 

Una rubrica di racconti personali sulla transizione dall'accademia all'impresa, per sfatare il mito che il PhD sia un pesce buono solo per nuotare nell'habitat universitario: i dottori di ricerca sono anfibi e possono respirare fuori, sulla terraferma del mondo aziendale, proprio come respiravano dentro le acque della ricerca.

 

 

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22
Aprile

Storie Anfibie

MARCO MASIA | Fisica

22 Aprile 2021

Imprenditore e consulente

Dopo la laurea in Chimica all’Università di Sassari, Marco consegue il dottorato in Fisica presso l’Università Politecnica della Catalogna nel 2005. In seguito a una breve esperienza di ricerca post dottorale, ottiene il tanto desiderato posto fisso di ricercatore universitario. Dopo dieci anni nel ruolo, decide di licenziarsi ed esplorare nuovi orizzonti di lavoro. Nel 2017 consegue un Executive MBA presso la scuola di business di Francoforte, dove vive tuttora e dove fonda una ditta di consulenza che opera all’intersezione fra ricerca, innovazione e politiche scientifiche. I suoi clienti sono istituzioni di ricerca, startup e la Commissione Europea.

 

Perché il dottorato e come è stato?

Il dottorato e il resto della mia carriera scientifica sono stati motivati da una grande passione per la ricerca e dal desiderio di imparare. L’esperienza del dottorato è stata altamente positiva. L’Università Politecnica della Catalogna è una delle scuole politecniche più quotate in Europa e offre un’ampia offerta formativa in un ambiente molto internazionale. Inoltre, visto che il mio progetto era all’interno di un network europeo, ho avuto la fortuna di visitare altri laboratori eccellenti e collaborare con altri gruppi di ricerca in Europa: questo ha consentito di fare un’esperienza interdisciplinare, non comune vent'anni fa.
Il rapporto col capo era ottimo: è sempre stato un punto di riferimento per me sia in termini di etica professionale (impeccabile) che di leadership (qualità carente in accademia dove molti trattano i dottorandi come “schiavi”). È stato per me un ottimo mentore scientifico che mi lasciava molto spazio di iniziativa e non ha mai contato i giorni o le ore passate in laboratorio.


Perché hai lasciato l'accademia?

Dopo dieci anni nel mondo accademico, mi sentivo come un criceto nella ruota: una corsa costante a pubblicare, cercare finanziamenti e giustificare le scelte di ricerca e le pubblicazioni a burocrati. L’intero sistema si auto-alimentava e pian piano ho perso passione per quello che facevo.
Inoltre, nel frattempo avevo coltivato altre passioni e interessi, in particolare per le politiche scientifiche e per l’innovazione. Il fascino di questi due settori e la voglia di “scendere dalla ruota” mi hanno portato a lasciare l’accademia.

Com'è andata la fase di transizione?

Avendo una famiglia di 3 figli, la decisione di lasciare un lavoro permanente non è stata facile. Era chiaro, comunque, che volevo cambiare e che la transizione sarebbe arrivata presto. Nel frattempo, per essere sicuro che i miei nuovi interessi non fossero canti di sirena, mi ero unito come volontario a gruppi di politiche scientifiche di due organizzazioni europee: Euroscience e la Marie Curie Alumni Association (della quale ho poi coordinato il gruppo di politiche scientifiche e che successivamente ho contribuito a far crescere come membro del consiglio direttivo per 4 anni).
Inoltre, mi ero iscritto alla scuola di business di Francoforte per imparare di più su innovazione e leadership. Queste esperienze hanno ampliato enormemente le mie conoscenze e mi hanno offerto nuove lenti attraverso cui guardare il mondo (compreso quello della ricerca, di cui avevo una visione parziale). Inoltre, mi hanno consentito di creare una vasta rete di contatti in tutto il mondo (in particolare in Europa) che mi hanno supportato sia durante che dopo la transizione.
Nonostante tutto, la transizione non è stata facile: ho passato circa un anno senza lavoro e i primi lavori da freelancer non portavano molti soldi. Per fortuna avevamo qualche risparmio e mia moglie aveva un buon lavoro. Questo ci ha consentito di navigare la transizione senza problemi… a parte qualche sacrificio! E visto che l’ho nominata solo di passaggio, vorrei sottolineare il ruolo chiave di mia moglie che mi ha appoggiato nelle scelte (che altri avrebbero considerato troppo rischiose) e ha avuto grossa fiducia in me senza mai esitare.


Com'è la giornata tipo nel tuo lavoro di oggi e a chi lo consiglieresti?

Nessun giorno è uguale ad altri! Sono fortunato abbastanza da avere un lavoro stimolante dove ci sono sempre novità.
Il mio lavoro lo consiglio a quanti sono curiosi, adorano le sfide intellettuali e sono aperti al dialogo e alla discussione. Lo sconsiglio a quanti sono fiscali sull’orario di lavoro e amano la routine.


Che cosa hai imparato durante il dottorato che ti è utile oggi?

Il dottorato è stata un’esperienza di crescita che ha contributo molto a formare la persona che sono ora. Dal punto di vista prettamente tecnico, mi ha dato i mezzi per leggere i dati ed essere critico nella loro interpretazione; un imprinting analitico; la capacità di concentrarmi a lungo su letture difficili e capirne il contenuto; la plasticità nell’affrontare i problemi e cercarne soluzioni; difendere le mie posizioni e considerare quelle di chi la pensa diversamente; comunicare concetti complessi a persone con diverse conoscenze di base. Tutto questo mi è tornato molto utile anche in campi al di fuori della ricerca.
Inoltre, la possibilità di stare in contatto con una comunità internazionale e lavorare con persone di diverse culture sono state esperienze altamente positive. Anche se non strettamente collegato con il dottorato in generale, nel mio caso in particolare ho avuto la fortuna di conoscere persone di alto livello culturale e con interessi ben oltre la ricerca scientifica. Una delle cose che ho apprezzato di più del mio dottorato, è stato avere frequenti discussioni su politica, cultura e società con i colleghi: penso che anche questo abbia contribuito molto alla mia formazione e decisioni successive.


Ti penti di qualcosa in relazione al dottorato e alle scelte successive?

Probabilmente, adesso che so cosa vuol dire fondare un’azienda e portarla avanti, non farei alcune scelte che sono risultate infelici. D’altro canto, senza quegli errori non avrei imparato lezioni utili.
In generale sono soddisfatto delle scelte fatte dalla laurea in poi.


Quali consigli vorresti dare a chi sta affrontando il momento della transizione?

Non abbiate timore. Provate, sbagliate, imparate dagli errori fatti. Il mondo fuori dall’accademia intimorisce solo perché non lo avete provato. Siate curiosi di cosa offre, sono sicuro che troverete ottime soddisfazioni (e spesso e volentieri una migliore etica lavorativa!).
Se non funziona, si può sempre tornare indietro.